La diversità delle sostanze stupefacenti è, da sola, ostativa all'ipotesi della lieve entità? La questione è stata rimessa alle Sezioni Unite

18.07.2018

La Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione ha rimesso alle Sezioni Unite il seguente quesito di diritto: "Se la diversità di sostanze stupefacenti, a prescindere dal dato quantitativo, osti alla configurabilità dell'ipotesi di lieve entità di cui all'art. 73, comma quinto, D.P.R. n. 309 del 1990; se, in caso negativo, il reato di cui all'art. 73, comma 5, D.P.R. n. 309 del 1990 possa concorrere con uno dei reati di cui ai commi 1 e 4 del medesimo art. 73". 


Con ordinanza del 15.03.2018 la Terza Sezione Penale della Cassazione ha rimesso alle Sezioni Unite una questione giuridica in materia di stupefacenti sulla quale, da tempo, si ravvisa un contrasto giurisprudenziale.

Nello caso specifico, l'imputato era stato condannato nel merito per i reati di cui ai commi 1 e 4 dell'art. 73 del D.P.R. n. 309/1990 poichè era stato trovato in possesso di diverse tipologie di sostanza stupefacente (marijuana, hashish, cocaina) destinate alla vendita (in quanto erano stati rinvenuti, tra gli altri, tutti strumenti che denotano questa finalità: bilancini di precisione, involucri, spillatrice e simili). 

I giudici di merito non hanno ritenuto di accogliere la tesi difensiva della lieve entità del fatto ex art. 73, comma quinto, sul presupposto che la detenzione (ai fini di spaccio) di sostanze stupefacenti diverse è, da sola, ostativa all'applicazione della norma da ultimo indicata (a prescindere, quindi, dalla considerazione dei quantitativi).

Sul punto, invece, sussiste da tempo un contrasto giurisprudenziale. Ed invero, secondo un orientamento più datato  il fatto di lieve entità di cui al comma quinto non è mai configurabile nell'ipotesi di detenzione di sostanze stupefacenti di differente tipologia, a prescindere dal dato quantitativo, trattandosi di condotta indicativa della capacità dell'agente di procurarsi sostanze tra loro eterogenee e, dunque, di rifornire assuntori di stupefacenti di diversa natura, così da recare un danno non tenue al bene della salute pubblica tutelato dalla norma incriminatrice (ex plurimis, Cass. pen., Sez. III, n. 47671 del 09.10.2014).

Il secondo più recente indirizzo sostiene, viceversa, che in caso di detenzione di quantità non rilevanti di sostanza stupefacente, la diversa tipologia non può di per sé costituire ragione sufficiente ad escludere l'ipotesi della lieve entità di cui al comma 5, qualora le peculiarità del caso concreto siano indicative di una complessiva minore portata dell'attività svolta dallo spacciatore (in tal senso, Cass. pen., Sez. 6, n. 46495 del 19.09.2017).

Nell'ordinanza di rimessione si evidenzia, inoltre, come - a seguito della "reviviscenza" della norma precedente alle modifiche annullate dalla Corte Costituzionale - l'ipotesi di cui al comma quinto dell'art. 73 costituisca non più una circostanza attenuante ma un reato autonomo; con la conseguenza che, in caso di detenzione di sostanze stupefacenti che non appartengono alla medesima tabella o gruppo omogeneo di tabelle, è astrattamente possibile il concorso del reato di cui al comma quinto con uno di quelli di cui ai commi primo e quarto del medesimo articolo 73. 

Dunque, se dovesse accogliersi il secondo orientamento giurisprudenziale sopra richiamato, la modica quantità delle diverse sostanze stupefacenti oggetto materiale della condotta di cui al comma 5 dell'art. 73, legittimerebbe la sussistenza del concorso formale ovvero della continuazione interna tra più ipotesi lievi; la modica quantità di una sola delle diverse sostanze detenute consentirebbe il concorso formale o la continuazione interna tra l'ipotesi della lieve entità ed uno dei più gravi delitti ipotizzati dal comma 1 o 4 dell'art. 73.

Pertanto, alla luce delle considerazioni che precedono, la Terza Sezione ha rimesso alle Sezioni Unite il seguente quesito di diritto: "Se la diversità di sostanze stupefacenti, a prescindere dal dato quantitativo, osti alla configurabilità dell'ipotesi di lieve entità di cui all'art. 73, comma quinto, D.P.R. n. 309 del 1990; se, in caso negativo, il reato di cui all'art. 73, comma 5, D.P.R. n. 309 del 1990 possa concorrere con uno dei reati di cui ai commi 1 e 4 del medesimo art. 73".

In attesa della decisione risolutiva della Suprema Corte, è possibile consultare di seguito l'ordinanza di rimessione. 


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