La rinnovazione dell'istruzione dibattimentale e le dichiarazioni predimattimentali acquisite ai sensi dell'art. 500, co. 4, c.p.p. per lo stato di subornazione del teste. Il chiarimento della Corte di Cassazione
Il giudice d'appello non è tenuto, ai fini
della reformatio in pejus della
sentenza di primo grado, a disporre la rinnovazione dell'istruzione
dibattimentale quando si tratta di dichiarazioni rese dal testimone nella fase
predibattimentale e acquisite al fascicolo del dibattimento per lo stato di
subornazione del teste medesimo. (Nota a sentenza)
La Corte Suprema, con la pronuncia in commento, ha chiarito un altro dubbio interpretativo originatosi a seguito delle recenti innovazioni introdotte in tema di rinnovazione dell'istruzione dibattimentale.
Invero, è noto a tutti come, attraverso gli approdi giurisprudenziali del giudice comunitario prima[1] e del giudice di legittimità poi[2], nonché attraverso la novella legislativa attuata con la c.d. "riforma Orlando"[3] che ha recepito in toto quegli indirizzi, l'istituto di cui all'art. 603 c.p.p. sia stato interessato da una profonda traformazione che, inevitabilmente, ha avuto riflessi applicativi notevoli.
Nello specifico, pur nascendo l'istituto de quo come «eccezione» alla regola generale della presunzione di completezza della prova assunta nel dibattimento di primo grado, in ossequio ai principi cardine del contraddittorio e della c.d. parità delle armi, con gli interventi succitati è stata introdotta un'ipotesi di vera e propria "obbligatorietà" per l'organo giudicante di disporre la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale nel giudizio di secondo grado: l'appello proposto dal Pubblico Ministero avverso una sentenza di assoluzione per motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa.
Nel caso in cui il giudice del gravame non dovesse, nella situazione predetta, disporre la riassunzione davanti a sé della prova dichiarativa della cui attendibilità dubita la Pubblica accusa e dovesse ribaltare il decisum di primo grado, si integrerebbe una violazione dell'art. 6 CEDU e, in particolare, del diritto dell'accusato di «interrogare o far interrogare i testimoni a carico e di ottenere la convocazione e l'interrogazione dei testimoni a discarico nelle stesse condizioni dei testimoni a carico».
La nuova chiave di lettura dell'istituto in parola ha suscitato, immediatamente, alcuni quesiti interpretativi ed applicativi[4]. Da ultimo, la Suprema Corte è stata chiamata a chiarire se l'obbligo di rinnovare l'istruttoria sussista anche nell'ipotesi di reformatio in pejus del giudizio assolutorio di primo grado in assenza della riassunzione delle prove dichiarative acquisite al fascicolo del dibattimento ai sensi dell'art. 500, co. 4, c.p.p.
Gli Ermellini, dopo un pregevole excursus sull'iter giurisprudenziale e normativo che ha interessato la disciplina di cui all'art. 603 c.p.p., hanno concluso che il presupposto indefettibile per poter rinnovare l'istruttoria nel grado di appello è che l'audizione dei testimoni si sia "già" svolta in contraddittorio in primo grado.
Nel caso di specie, viceversa, il giudice di primo grado si era soltanto limitato ad acquisire le dichiarazioni predibattimentali dei testi all'esito della procedura prevista dall'art. 500, co. 4, c.p.p. Quest'ultima disposizione, a sua volta, autorizza l'acquisizione al fascicolo del dibattimento delle dichiarazioni rese dal teste prima di questa fase e, quindi, presenti nel fascicolo del pubblico ministero, tutte le volte che vi è fondato motivo di ritenere che il teste stesso sia stato sottoposto a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o altra utilità, affinchè non deponga o deponga il falso.
Dunque, per i Giudici di Piazza Cavour «non essendo stata effettuata alcuna valutazione diretta del teste in primo grado, manca il presupposto convenzionale per la rinnovazione, dato che non si registra alcun disallineamento tra le prove utilizzate nel primo grado e quelle disponibili per il giudizio di appello».
Viepiù, assolutamente ostativa alla rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale secondo la Suprema Corte è la ratio sottesa all'art. 500, co. 4, c.p.p.: l'accertamento della subornazione del teste effettuata sulla base delle regole dettate dalla norma procedurale in parola (giudizio di merito fondato su "elementi concreti" che consistano, secondo parametri di ragionevolezza e persuasività, in elementi sintomatici della violenza o dell'intimidazione subita dal teste, purchè connotati da precisione, obiettività, significatività), rende il teste inidoneo a testimoniare, in quanto eventi esterni ed imprevedibili hanno inficiato la sua capacità di fornire contributi dichiarativi credibili. «Tale stato», tuonano da ultimo gli Ermellini, «in assenza di emergenze indicative della sua eventuale modifica è incompatibile con l'assunzione della testimonianza in qualunque fase processuale e, dunque, anche nel giudizio di appello».
[1] Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, Sez. III, 14 giugno-5 luglio 2011 - Dan c/ Repubblica di Moldavia. l'orientamento in parola trova espressione anche in precedenti pronunce, a partire dal caso Bricmont c. Belgio del 07.07.1989 e, poi, ex plurimis, nei casi Costantinescu c. Romania del 27.06.2000, Sigurpor Arnarsson c. Islanda del 15.07.2003, Destrehem c. Francia del 18.05.2004, Garcìa Ruiz c. Spagna del 21.01.2006.
[2] Cass. Pen., Sez. Un., 28.04.2016, n. 27620, in CED Cassazione, 2016.
[3] Legge n. 103/2017, entrata in vigore il 3 agosto 2017.
[4] Tra le questioni interpretative più rilevanti devolute al nostro giudice di legittimità sulla materia ricordiamo, innanzitutto, quella decisa con la sentenza n. 1691/2017. Nel caso de quo la Corte di Cassazione era stata chiamata a decidere se il giudice del gravame abbia l'obbligo di rinnovare l'istruttoria quando la prova dichiarativa della cui attendibilità dubita la Pubblica Accusa sia costituita dalla testimonianza di periti e consulenti tecnici (c.d. prova tecnica). In questa ipotesi, la Suprema Corte esclude categoricamente l'automatismo normativo, asserendo che «pur se il perito ed i consulenti tecnici sentiti in dibattimento hanno la veste di testimoni, la loro relazione forma parte integrante della deposizione ed inoltre essi sono chiamati a formulare un parere tecnico rispetto al quale il giudice» quale peritus peritorum «può discostarsi purchè argomenti congruamente la propria diversa opinione». Altra questione interpretativa di non poco momento è stata affrontata dai giudici di legittimità nella sentenza n. 4222/2017. In questa circostanza, invece, la parte ricorrente (parte civile) lamentava il ribaltamento, ad opera del giudice d'appello, della sentenza di condanna di primo grado in assenza della rinnovazione dell'istruzione dibattimentale. Anche in questo caso, tuttavia, la Corte Suprema ha ribadito l'inapplicabilità delle linee direttrici impartite dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite e comunitaria in tema di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, in quanto l'operato del giudice del gravame appariva perfettamente in linea con la presunzione di innocenza e, non entrando "in gioco" il principio del "ragionevole dubbio", «non può condividersi l'orientamento secondo cui anche in caso di riforma della sentenza di condanna in senso assolutorio il giudice di appello, al di là di un "dovere di motivazione rafforzata", deve previamente procedere a una rinnovazione della prova dichiarativa».