L'autonoma valutazione delle esigenze cautelari e degli indizi di colpevolezza in materia di misure cautelari: le ordinanze "copia-incolla" dei G.I.P. sono affette da nullità anche qualora si discostino in parte dalla richiesta del Pubblico Ministero
Cass. Pen., Sez. VI, 19.06.2018 (ud.) - 10.07.2018 (dep.), n. 31370: "In tema di misure cautelari personali, la necessità di un'autonoma valutazione da parte del giudice delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza, richiesta dall'art. 292, comma primo, lett. c), cod. proc. pen., così come modificato dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, NON può ritenersi assolta quando l'ordinanza accolga la richiesta del P.M. solo per talune imputazioni cautelari ovvero solo per alcuni indagati, in quanto il parziale diniego opposto dal giudice o la diversa graduazione delle misure non costituiscono, di per sé, indice di una valutazione critica, e non meramente adesiva, della richiesta cautelare, dovendo la valutazione essere espressa in relazione alla specifica posizione oggetto di giudizio, rispetto alla quale detto requisito della motivazione è previsto a pena di nullità rilevabile anche di ufficio".
Con la sentenza in commento la Suprema Corte di Cassazione ha fornito dei chiarimenti relativamente all'obbligo del Giudice di effettuare un'autonoma valutazione critica delle specifiche esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza posti a fondamento della richiesta di applicazione di una misura cautelare personale formulata dal P.M.
La vicenda trae origine da un ricorso proposto dai difensori dell'indagato avverso l'ordinanza emessa dal Tribunale di Catanzaro, in funzione di giudice del riesame, che, confermando la misura cautelare emessa dal G.I.P. distrettuale, non aveva accolto le doglianze difensive che invocavano la nullità dell'ordinanza genetica in quanto essa non conteneva un'autonoma valutazione delle esigenze cautelari e degli indizi per come richiesto dall'art. 292, co. 2, lett. c) c.p.p., come modificato dalla L. 16 aprile 2015, n. 47.
Il legislatore, con la novella de qua, ha voluto porre un freno alla prassi - certamente invalsa - delle c.d. ordinanze "copia-incolla" dei G.I.P. rispetto alle motivazioni addotte dalla Pubblica accusa e poste a fondamento delle richieste applicative delle misure cautelari personali.
Nel caso di specie, il provvedimento del Tribunale della Libertà aveva ritenuto infondata la doglianza difensiva relativa alla nullità dell'ordinanza genetica per violazione dell'art. 292, co. 2, lett. c) c.p.p., in quanto si era richiamato all'orientamento di legittimità secondo il quale "in tema di misure cautelari personali, la necessità di un'autonoma valutazione da parte del giudice delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza, richiesta dall'art. 292, comma primo, lett. c), cod. proc. pen., così come modificato dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, DEVE ritenersi assolta quando l'ordinanza, benché redatta con la tecnica del "copia-incolla", accolga la richiesta del P.M. solo per talune imputazioni cautelari ovvero solo per alcuni indagati, in quanto il parziale diniego opposto dal giudice o la diversa graduazione delle misure costituiscono, di per sé, indice di una valutazione critica, e non meramente adesiva, della richiesta cautelare, nell'intero complesso delle sue articolazioni interne" (ex multis, Cass. Pen., Sez. VI, 17.01.2016, n. 51936).
Ed invero, secondo i giudici del riesame, il G.I.P. NON aveva, nella fattispecie in esame, aderito sic et simpliciter alla richiesta formulata dal Pubblico Ministero con riferimento ad altre posizioni e ad altri capi d'imputazione. Ciò, dunque, dimostrava l'avvenuta autonoma valutazione richiesta dall'art. 292 c.p.p. e l'incensurabilità del provvedimento emesso.
Tuttavia, i Giudici di Piazza Cavour non hanno ritenuto condivisibile la prospettiva ermeneutica patrocinata dal Tribunale del riesame di Catanzaro, in quanto non risulterebbe in linea con i princìpi di rango costituzionale dettati in materia di provvedimenti de libertate. Gli Ermellini affermano, invero "la necessità che il provvedimento con il quale il Giudice decide la compressione del bene fondamentale della libertà di un determinato soggetto palesi la riconducibilità al medesimo titolare del potere di cautela della relativa giustificazione [...] Tale necessità comporta, infatti, un giudizio incentrato sulla specifica posizione del soggetto attinto dalla misura cautelare [...]".
È quindi fondamentale che il provvedimento esprima con chiarezza l'avvenuto esercizio del potere di controllo affidato al giudice, il che non significa riscrivere semplicemente gli elementi di prova "con parole diverse", ma valutare in maniera autonoma e personale la legittimità e consistenza degli elementi disponibili.
Tutto ciò non vuol dire, come spiega la Corte, che il giudice non possa rinviare per relationem al contenuto degli atti e delle attività svolte dagli investigatori e dal Pubblico Ministero, purché, per ciascuna contestazione e posizione, svolga un effettivo vaglio degli elementi di fatto ritenuti decisivi, spiegandone la rilevanza ai fini dell'affermazione dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari nel caso concreto, senza fare ricorso a formule stereotipate.
Pertanto, alla luce delle considerazioni sin qui sintetizzate, la Suprema Corte ha enunciato il seguente principio di diritto: "in tema di misure cautelari personali, la necessità di un'autonoma valutazione da parte del giudice delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza, richiesta dall'art. 292, comma primo, lett. c), cod. proc. pen., così come modificato dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, NON può ritenersi assolta quando l'ordinanza accolga la richiesta del P.M. solo per talune imputazioni cautelari ovvero solo per alcuni indagati, in quanto il parziale diniego opposto dal giudice o la diversa graduazione delle misure non costituiscono, di per sé, indice di una valutazione critica, e non meramente adesiva, della richiesta cautelare, dovendo la valutazione essere espressa in relazione alla specifica posizione oggetto di giudizio, rispetto alla quale detto requisito della motivazione è previsto a pena di nullità rilevabile anche di ufficio".
Di conseguenza, "risulta apparente la motivazione con la quale il tribunale del riesame, di fronte all'eccezione difensiva relativa alla mancanza di un'autonoma valutazione da parte del G.I.P. dei requisiti normativi previsti per l'adozione della misura coercitiva, confermi il provvedimento cautelare limitandosi ad affermare, in modo generico e sintetico, che il giudice "in più parti" ha inserito le proprie conclusioni ed indicato gli elementi valutativi, senza precisare in quali punti, passaggi o pagine dell'ordinanza possa rinvenirsi l'autonoma valutazione che l'art. 292 c.p.p. richiede a pena di nullità".
La Suprema Corte, dunque, ha annullato l'ordinanza impugnata ed ha restituito gli atti al Tribunale della Libertà di Catanzaro per un nuovo esame della vicenda processuale che si attenga ai principi di diritto enunciati.
Per una disamina approfondita della sentenza in commento, è possibile di seguito consultarne il testo integrale.