Le falsità in assegno bancario "non trasferibile", rientrando nell'ambito applicativo dell'art. 485 c.p., non costituiscono reato ma illecito civile
Nota a Cass. Pen., Sez. Un., 19.07.2018 (ud.) - 10.09.2018 (dep.), n. 40256: "In tema di falso in scrittura privata, la falsità commessa su un assegno bancario munito della clausola di non trasferibilità configura la fattispecie di cui all'art. 485 cod. pen., abrogato dall'art. 1, comma 1, lett,. a), del d.lgs 15 gennaio 2016, n. 7 e trasformato in illecito civile".
Sulla scorta di un contrasto giurisprudenziale, alle Sezioni Unite Penali della Suprema Corte veniva rimesso il seguente quesito di diritto: "Se la falsità commessa su assegno bancario, munito della clausola di non trasferibilità, rientri nella fattispecie di cui all'art. 485 c.p., abrogato dall'art. 1, comma 1, lett. a) del D.lgs 15 gennaio 2016, n. 7 e trasformato in illecito civile, ovvero configuri il reato di falsità in testamento olografo, cambiale o titoli di credito previsto dall'art. 491 c.p., come riformulato dal medesimo d.lgs n. 7 del 2016".
Sul punto - ut supra premesso - sussisteva un contrasto interpretativo in seno alle diverse sezioni della Corte di Cassazione, così articolato:
- secondo un primo orientamento sostenuto dalla Quinta Sezione penale, in tema di falso in scrittura privata, a seguito dell'abrogazione dell'art. 485 c.p. e della nuova formulazione dell'art. 491 c.p., la condotta di falsificazione di un assegno bancario "non trasferibile" non è più perseguibile penalmente, essendo l'art. 491 c.p. applicabile solo a quelle falsità commesse su titoli di credito "trasmissibili per girata" (tra i quali non sono da includersi gli assegni muniti di clausola di non trasferibilità). Tale principio era già cristallizzato, peraltro, in una sentenza delle Sezioni Unite (la n. 4 del 20.02.2007) che aveva, altresì, spiegato come la clausola di non trasferibilità apposta sull'assegno bancario o circolare, immobilizzando il titolo nelle mani del prenditore, ne escludesse la trasmissibilità per girata, tale non potendosi considerare la girata al banchiere per l'incasso che ha natura di mandato a riscuotere ed è priva di effetti traslativi del diritto inerente al titolo;
- secondo altro recentissimo indirizzo (ex multis Cass. Pen., Sez. II, n. 13086/2018), viceversa, le falsità in assegno bancario "non trasferibile" rientrano nell'ambito applicativo dell'art. 491 c.p. e pertanto, sono tuttora perseguibili penalmente. Tale conclusione è motivata dalla circostanza che la girata al banchiere per l'incasso è, secondo tale orientamento, una "girata" in senso tecnico e, dunque, in tale momento è ancora possibile che il titolo eserciti una funzione dissimulatoria, almeno nei confronti dell'impiegato di banca e dell'istituto di credito.
Le Sezioni Unite, con la sentenza in commento, hanno inteso aderire al primo orientamento (facendone proprie tutte le argomentazioni) ed hanno affermato il seguente principio di diritto: "la falsità commessa su assegno bancario, munito della clausola di non trasferibilità, rientra nella fattispecie di cui all'art. 485 c.p., abrogato dall'art. 1, comma 1, lett. a) del D.lgs 15 gennaio 2016, n. 7 e trasformato in illecito civile". Rimane, invece, la rilevanza penale degli assegni trasmissibili mediante girata, in quanto la circolazione di tali titoli è soggetta ad un più frequente pericolo di falsificazione. Sul punto, si evidenzia che la "girata" cui fa riferimento l'art. 491 c.p. va necessariamente riferita al negozio giuridico che determina una concreta "circolazione del titolo di credito". Tale lettura è, peraltro, coerente con la disciplina civilistica: l'art. 2011 c.c., invero, stabilisce che la girata trasferisce tutti i diritti inerenti al titolo. La girata al banchiere per l'incasso, al contrario, implica - come già detto - un semplice mandato a riscuotere e non trasferisce al giratario né la proprietà del titolo, né una legittimazione propria (ma solo una legittimazione nell'interesse altrui come effetto del mandato).
È possibile consultare, di seguito, il testo integrale della sentenza in nota.