Ricorso straordinario per errore di fatto: inammissibile se presenta doglianze tipiche di un'impugnazione "ordinaria"

07.08.2018

Cass. Pen., Sez. VI, ord. 28.06.2018 (ud.) - 27.07.2018 (dep.), n. 36066: "È inammissibile il ricorso straordinario ex art. 625-bis cod. proc. pen. che "ictu oculi" risulti avere il preponderante contenuto concreto di un'ulteriore, non consentita, impugnazione ordinaria, non essendo in tal caso la Corte di Cassazione tenuta a verificare se siano proposti, tra gli altri, anche motivi in sé compatibili con l'impugnazione straordinaria".


La legge n. 128 del 2001 ha introdotto, con l'art. 625 bis c.p.p., il ricorso straordinario in Cassazione per errore materiale o di fatto, colmando così una lacuna normativa evidenziata da tempo nella giurisprudenza sia di legittimità che costituzionale. 

In un primo momento la Cassazione aveva esteso la procedura, prevista dall'art. 130 c.p.p., per la correzione di errori materiali anche alla correzione dell'errore di fatto contenuto nelle sue decisioni (Cass. Pen., Sez. VI, 22.5.1995, Russo, in Cass.pen. 1996, p. 125), per poi escluderla successivamente (Cass. Pen., Sez. Un., 09.10.1996, Armati, in Giust. Pen., 1998, III, co.1). Perdurando il dubbio sulla via da percorrere, la Suprema Corte aveva, ordinanza del 05.05.1999, devoluto la questione alla Corte Costituzionale che, a sua volta, suggerì un "adattamento" dell'istituto della revisione (sentenza n.395/2000). 

Il legislatore ha preferito, invece, trovare una diversa soluzione, predisponendo un nuovo "meccanismo processuale" che ricalca, pur differenziandosene, quello previsto dall'art. 391  bis c.p.c. per 'la correzione dell'errore materiale e la revocazione delle sentenze della Corte di Cassazione' in sede civile.

Il ricorso straordinario non è ammesso per ogni tipo di doglianza, bensì soltanto per la correzione di errori materiali che coincidono con la figura oggetto della disciplina dettata dall'art. 130 (quindi riguardano la sola documentazione grafica quale mezzo di manifestazione della volontà giudiziale, regolarmente formatasi), oppure di errori di fatto, da intedersi quali errori materiali e percettivi nella lettura degli atti interni, non rientrandovi l'errore di giudizio, nè di interpretazione. Per questa sua natura, dunque, l'art. 625 bis c.p.p. costituisce una deroga rispetto al principio generale dell'incensurabilità ed inoppugnabilità delle pronunce della Corte di Cassazione.

Le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno chiarito cosa, in particolare, debba intendersi per errore di fatto legittimante il ricorso straordinario ex art. 625 bis c.p.p., affermando che esso consiste in un errore percettivo causato da una svista o da un equivoco in cui la Corte di cassazione sia incorsa nella lettura degli atti interni al giudizio stesso e connotato dall'influenza esercitata sul processo formativo della volontà, viziato dall'inesatta percezione delle risultanze processuali che abbia condotto a una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata senza di esso (Cass. Pen. Sez. Un., 14.07.2011 (ud.) - 18.10.2011 (dep.), n. 37505). Di conseguenza, qualora la causa dell'errore non sia identificabile esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione abbia, comunque, contenuto valutativo, non è configurabile un errore di fatto, bensì di giudizio, come tale escluso dal rimedio straordinario.

Ciò premesso, i Giudici di Piazza Cavour sono tornati sull'argomento con l'ordinanza in commento, che ha sancito l'inammissibilità di un ricorso straordinario ex art. 625 bis c.p.p., sul presupposto che lo stesso non fosse fondato su doglianze esprimenti errori percettivi ut supra espresso, ma - al contrario - si atteggiasse a strumento surrettizio e dilatorio, finalizzato all'introduzione di un quarto grado di giudizio e secondo grado di legittimità.

In particolare, gli Ermellini hanno affermato che, prima dell'approfondimento del contenuto di un ricorso formalmente presentato ai sensi dell'art. 625 bis, occorre esaminare che lo stesso non sia proposto al fine di impugnare pienamente la "prima" decisione di cassazione. Se da questa preliminare delibazione dovesse risultare che il rimedio costituisce un vero e proprio gravame contro la decisione originaria della Corte, il ricorso stesso andrà dichiarato del tutto inammissibile ed irricevibile, a nulla rilevando che, nel corpo dell'atto, possa esservi l'indicazione di errori che, di per sé, avrebbero potuto fondare un regolare ricorso straordinario

La Suprema Corte sottolinea, inoltre, che - di regola - tale previa delibazione sulla qualificazione del ricorso non costituisce un momento a sé stante, ma finisce per coincidere con l'attività di verifica del contenuto del ricorso medesimo. 

Nel caso di specie, al contrario, la Corte evidenzia che già dall'esame preliminare è assolutamente agevole escludere la natura di ricorso straordinario dell'atto proposto, attesa l'incongruità strutturale di quest'ultimo (143 pagine, 16 motivi, 51 allegati) rispetto ai dettami dell'art. 625 bis c.p.p., teso - lo si ripete - a dedurre sinteticamente solo degli specifici errori percettivi che siano effettivamente incidenti sulla decisione di legittimità. 

Pertanto - statuisce la Corte - tale intrinseca inammissibilità dell'impugnazione esime i giudici di legittimità da una pedissequa parcellare valutazione dei suoi contenuti che possano ricadere nel concetto di errore denunciabile ai sensi dell'art. 625 bis c.p.p.

Il testo integrale della pronuncia in commento è consultabile al link di seguito riportato.

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